Fino a qualche secolo fa la forchetta era da evitare come il demonio, il coltello era impiegato solo come arma o per preparare alcuni alimenti ed il cucchiaio era uno dei pochi utensili presenti in tavola.
Lo strumento più antico utilizzato per cibarsi e raccogliere fu, senza dubbio, il cucchiaio. Non a caso il suo nome deriva dal greco Kochliarion (Kochlos – conchiglia) per via del fatto che proveniva da alcuni elementi della natura come le conchiglie marine. Si può considerare una delle posate più antiche perché, fin dall’avvento della cultura della tavola, il cucchiaio si trovava “posato” su di essa. Quello di legno, per un lungo periodo, soprattutto nel medioevo, è stato considerato l’utensile dei poveri, perché utilizzato quasi esclusivamente per mangiare zuppe di scarso valore economico e nutritivo. Da tale condizione, nacque la necessità dei nobili di contraddistinguersi iniziando a fabbricare cucchiai in svariati materiali, considerati più pregiati, come metalli e pietre preziose.
Nella sua evoluzione, il cucchiaio si è declinato in diverse forme: il cucchiaio grande (1) utilizzato per le zuppe e minestre, il cucchiaio piccolo (4) per antipasti e dessert, il cucchiaio da pesce (10) per preparazione che prevedono ingredienti ittici ed il cucchiaio gourmet (11), ormai quasi scomparso, di forma piatta, usato al posto del coltello in preparazione tenere da tagliare e con molta salsa. Fra i cucchiai di piccole dimensioni: il cucchiaino da long drink (13), il cucchiaino a paletta per il gelato (14) ed il cucchiaino classico da tè (15) e più piccolo da caffè (16).
Il cucchiaio va posizionato alla destra del piatto o della tazza nel caso di quello da tè o da caffè, nella parte superiore del piatto, di fianco i bicchieri, è possibile trovare il cucchiaino da dessert.
Il coltello è nato invece per esigenze differenti. Esso, infatti, era utilizzato per cacciare e per difendersi; era impiegato in cucina per preparare vari cibi, come grandi tagli di carne che venivano sporzionati in piccole parti da un servitore prima di essere portate ai commensali. In tal modo non vi era la necessità di adottare un coltello in tavola.
Anche ai tempi dei romani un servo addetto, il trinciatore, si occupava di tagliare il cibo con una lama, in modo che i nobili lo potessero mangiare con le mani. Era considerato un ruolo molto importane e infatti per svariati secoli si è portata avanti la tradizione con la figura dello chef trancheur nelle brigate di cucina.
Nel medioevo, ogni uomo possedeva il proprio coltello personale. Per tale motivo, fino alla fine di questa epoca, non era una posata che avremmo trovato così facilmente in tavola.
Dal rinascimento diventa di uso domestico, di pari passo con la forchetta che in parte lo sostituì. Un’evoluzione che avvenne anche per questioni di galateo. Il coltello personale era sempre visto anche come un’arma, dunque nel momento conviviale iniziò ad essere sostituito con delle lame dalla punta arrotondata, già presenti in Inghilterra a inizio del ‘600. A tal proposito un decreto reale di Luigi XIV, del 1669, bandì dalla tavola e dalle strade francesi i coltelli a punta, ritenuti illegali.
Nell’arte della tavola odierna possiamo menzionare il coltello grande (3) e quello piccolo (6) da dessert e frutta, il coltello da pesce (9) non affilato e con un’inclinazione a paletta per sfilettare e separare le fibre tenere della carne, il coltello da bistecca (12) più affilato e appuntito ed in fine il coltello da burro (7) che troveremo posizionato sul piattino da pane.
Quella della forchetta è una storia più complessa, controversa e curiosa.
Sappiamo che i romani nobili ne facevano uso, ma con la fine dell’impero e la giunta dei barbari, scomparve dalle tavole. Durante il medioevo, tale strumento, fu associato al demonio e fu bandito dalla chiesa, ma nello stesso periodo per i Bizantini l’uso della forchetta era comune fra i nobili.
San Pier Damiani, nella sua opera “De Institutione monialis”, lanciò le sue invettive contro Teodora, moglie del doge Domenico Selvo, che introdusse a Venezia l’uso di forchettine d’oro a 2 o 3 rebbi. Due anni dopo questo scandalo Teodora morì, presumibilmente di peste e San Pier Damiani la considerò una giusta punizione divina per tali peccati.
Bisogna superare quasi tutto il periodo buio medievale per riveder comparire la forchetta. Questa fu riconsiderata nel periodo rinascimentale, durante il quale, si diffuse con molta lentezza in tutta Europa, grazie anche a Caterina de’ Medici, che nella prima metà del ‘500 la esportò dall’Italia in Francia.
La forchetta era malvista, perché strumento di eccessiva stravaganza, anche da alcuni re, come il Re Sole, che preferiva mangiare ancora con le mani. Iniziò ad usarla solo quando si trasferì presso la reggia di Versailles.
Fino circa al 1700, trovare una sola forchetta in un monastero o in un convento, sarebbe stato un compito arduo. Sempre in questo secolo fu ideata la forchetta a 4 rebbi, simile a quella odierna, ad opera di un ciambellano del re Ferdinando IV di Borbone.
Samuel W. Francis verso la fine del 1800, in America, volle unire la forchetta (fork) ed il cucchiaio (spoon) in un unico utensile che prese il nome di Spork, ma non ebbe grande successo commerciale a causa, forse, della sua scomodità.
Nei tempi moderni si sono sviluppate diverse tipologie di forchette: quella grande (2) e quella piccola (5) da frutta e dessert (18), la forchetta da pesce (8) con la sua tipica forma, la forchettina da ostriche (17), la forchetta da lumache a due rebbi allungati (19) e la curiosa forchetta da crostacei (20) per estrarre la polpa di tali animali dalle loro chele. Queste ultime tre forchette si posizionano alla destra del piatto, perché vengono utilizzate con la mano destra, mentre con la mano sinistra si tiene ferma l’ostrica, il crostaceo o la lumaca con l’apposita pinza. Per le altre tipologie di forchette, la posizione a destra del coperto avviene solo nel caso in cui sarà servita un’unica portata che si mangia esclusivamente con essa.